
Equinozi e solstizi
Da un punto di vista astronomico vi sono dei punti, dei momenti peculiari, a cui si danno dei nomi specifici. Tra questi individuiamo il solstizio (d’inverno e estate) e l’equinozio (di primavera e autunno).
Il solstizio è quel momento in cui il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima o minima. Questo significa che i solstizi di estate e di inverno rappresentano rispettivamente il giorno più lungo e più corto dell’anno. Il termine viene dal latino solstitium, composto da sol-, “Sole” e-sistere, “fermarsi”, perché il Sole cessa di alzarsi (o scendere) rispetto all’equatore celeste. Nel corso di un anno il solstizio accade due volte: il Sole raggiunge il valore massimo di declinazione positiva nel mese di giugno (segnando l’inizio dell’estate boreale astronomica e dell’inverno australe) e negativa in dicembre (iniziano l’inverno boreale e l’estate australe, sempre in senso astronomico, non meteorologico). Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all’anno precedente (più precisamente 5h 48min 46s) e viene riallineato ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto proprio per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario.
Il termine Equinozio deriva dal latino e significa “notte uguale”. Infatti nei giorni degli equinozi la durata del giorno è uguale a quella della notte (12 ore ciascuno) in tutto il mondo, perché i raggi solari incidono perpendicolarmente all’asse terrestre. In realtà l’equinozio non è un giorno, ma è un istante preciso: è quel momento della rivoluzione terrestre intorno al Sole in cui quest’ultimo si trova allo zenit dell’equatore.